SOLO DAVANTI AL MARE Appunti di regia di Ivan Stefanutti per SIMON BOCCANEGRA Dopo aver tanto vissuto, un uomo, solo, guarda per l’ultima volta il mare, culla che lo ha protetto per tutta la vita. Già altre volte gli è venuto in soccorso, rovesciando l’esito della sorte. Ma questa volta non lo potrà aiutare. E’ solo. Solo davanti alla infinita linea dell’orizzonte. Anche i due grandi Guardiani, testimoni muti della storia, alla fine, si voltano pudicamente e consentono alle acque di entrare e raggiungere il loro Signore. Il canto del mare si confonde con il ricordo. Per troppo tempo i segreti sono rimasti tali. E troppo a lungo padri e figli hanno sofferto.Il destino ha deciso di chiudere il cerchio e saldare i conti. Tutto è cominciato una notte tetra e nebbiosa. Ombre e cospiratori si mescolavano a fantasmi e demoni. Non lontano, si percepiva la presenza e il suono delle onde placide, vive e vigili. Un intrigo, in apparenza solo politico e di buon senso, veniva stretto dal popolo. Il suo fine sembrava di nobili ideali, ma celava un profondo desiderio di vendettadel suo ideatore. Siamo nella penombra del medioevo. Questo era un tempo lontano dove il mare si offriva misterioso ed ospitale a chi lo volesse solcare. Una buia età dell’oro dove il definitivo doveva essere ancora scritto e tutto poteva realizzarsi. Un pirata che aveva terrorizzato i mari, poteva diventare il primo Doge di una nuova repubblica, in barba a tutte le pretese della nobiltà. Era un’età in cui il popolo reagiva a quello che giudicava iniquo e dialogava con il potere. Scendeva in piazza con violenza, ma era disposta a sentire tutte le ragioni e, se era il caso, anche a cambiare opinione, e retrocedere. Un’epoca che si preparava a far luce su enigmi e accogliere nuove scoperte. Le colonne d’Ercole erano un confine invalicabile, ma solo centocinquant’anni dopo, un genovese le supererà e scoprirà l’America. Scienza e magia erano ancora una unica disciplina. La chimica era a servizio della vita, curando i mali, e il suo lato oscuro serviva la morte, avvelenando i nemici. La razionalità non aveva ancora estinto creature leggendarie che nuotavano e camminavano. Nate dal mare, esse ora abitavano la città. Il loro aspetto parzialmente antropomorfo inquietava perché la loro componente animale era così predominante da renderli pericolosi. Qualcuno li chiamava mostri. Qualcuno ascoltava il loro canto. Qualcuno cantava loro. Qualcuno già non li vedeva più. Per esorcizzare la loro esistenza, venivano scolpite e rappresentate nella pietra. Era un modo per averne meno paura, e spaventare gli altri. Appartenevano al lato oscuro della natura, dove l’istinto di conservazione superava le ragioni della società moderna. Come per tutte le creature selvatiche, le loro esigenze erano solo quelle primarie. Obbedivano al capobranco, crudele o saggio, che fosse. E dopo la sua elezione a doge, obbedirono a Simone. Ma le tessere di questo complesso mosaico sono tante, e tutte correlate tra loro: Un patriarca che disprezza un pirata che gli portò via l’esclusività dell’amore della figlia. E che in seguito accuserà anche della sua morte . Un giovane nobile che odia il doge ritenendolo responsabile dell’assassinio il padre e del rapimento della amata. E che lo sospetterà di esserne l’amante. Un vile, che mosso da rancore verso le famiglie patrizie, cerca una rivalsa sociale con l’elezione di un disprezzato plebeo. Le sue ossessioni lo porteranno al baratro: credendosi un grande burattinaio, diventerà vittima di se stesso. Una donna che muore in circostanze inspiegabili, e nel momento estremo, raccomanda una bambina al cielo. Dopo pochi giorni la stessa bimba scompare nel nulla. Una povera orfanella che vaga per le vie di Pisa. Non si sa chi ella sia, né da dove venga. Appare inspiegabilmente nel chiostro di un convento dove una piccola aristocratica è in agonia. Il suo nome rimarrà sconosciuto a tutti. Tranne a una persona. Un medaglione ed una miniatura che saltano fuori inattesi e saranno gli strumenti di uno svelamento. Si riconosceranno velocemente perché, padri e figlie hanno bisogno di poco per chiarire tutto. Una giovane donna che si presenta con un nome che non è il suo ed è protetta da un uomo anziano, a sua volta, sotto falsa identità. E pur condividendo lo stesso tetto da venticinque anni, non si identificheranno. È la parziale conoscenza della verità una delle protagoniste di questa complessa vicenda. Inoltre, è importante tenere conto del tempo che passa. Tra il Prologo e il Primo Atto, passano venticinque anni. In questo lunghissimo tempo (praticamente una generazione), le cose sono cambiate. Simone ha dimostrato di essere un saggio e generoso amministratore della repubblica, pronto a comprendere e perdonare i suoi antagonisti politici. Dopo una spericolata giovinezza di pirateria, ha imparato il valore della pace e della appartenenza, alla patria, alla famiglia e alla società. Questi venticinque anni sono stati fondamentali per la sua evoluzione e maturazione. Non ci viene dettagliato cosa è successo, ma si capisce quanto la sua figura, da semplice capopopolo si sia trasformata in autorità istituzionale. Questo, naturalmente, agita i suoi detrattori e gli prepara pericoli, ma gli consente anche di plasmare uno stato pacifico e tollerante. Anche Fiesco ha vissuto quel quarto di secolo, ma per lui sono stati anni di intrighi per cospirare la punizione di Simone. Alla fine, sciolti gli inghippi, riconoscerà, anch’egli, la statura di uomo, padre e politico del doge. Il protagonista è il saggio padre fondatore di una nuova epoca. La fratellanza tra i popoli che vivono comuni necessità e comuni valori sono la sua filosofia. Simone lo dice chiaramente, e quando non si sente ascoltato, lo grida con forza. Porta il fratricidio e Caino come esempio e indica simbolicamente il mare come vero sovrano e patria comune a tutti i popoli. Fratellanza e amor di patria, argomenti tanto cari al popolo italico risorgimentale, qui vengono universalizzati. Questi valori, ovviamente, appartengono anche alla nostra contemporaneità. La scelta di ambientare un racconto in un periodo lontanissimo nel tempo, nell’ottocento come oggi, consente di avere una visione obiettiva e distaccata. Spesso l’eccessiva attualizzazione di costumi ed ambientazione distorce gli obiettivi narrativi. Sposta il centro dell’attenzione e dà origine a parallelismi non intenzionali. Mi collego invece al gusto fantasy-storico che negli ultimi anni caratterizza un certo tipo di cinema, serial televisivi, fiction, cartoon e video games, inventando un periodo storico sufficientemente lontano nei secoli da consentire racconti misteriosi e magici senza esigere un rigore razionale, ma abbastanza vicini da permettere un linguaggio comprensibile. All’interno di questa cornice stilistica, la recitazione naturalistica ha il compito di consentire la chiarezza della storia. Nel libretto è narrata con un linguaggio fortemente poetico tipicamente ottocentesco, in cui l’uso diffuso delle metafore auliche, sparse per il testo, ne aumentano le difficoltà. Le storie e la storia vanno capite. |